Choraliter

Quando si pensa ad una materia come il canto corale potrebbe sorgere un’idea piuttosto noiosa e molto poco coinvolgente della cosa. Così come può capitare anche per il latino, al quale ci siamo affidati per dare il nome al progetto che vede come protagonista il coro del liceo Bagatta Choraliter.

Quest’ultimo, un avverbio latino che significa ‘in modo corale’, indicava in ambito liturgico come si dovesse rispondere alle antifone, e cioè come gruppo unito in una sola intenzione e una sola voce: questo è il senso con cui abbiamo inteso questa coralità.

Il progetto, diretto dalla musicologa Chiara Colm, vuole essere una dimostrazione di come il coro sia, principalmente, un insieme di persone con interessi comuni, che fanno della musica e del canto strumenti di apprendimento e di scoperta. Deve, insomma, essere l’immagine d’un gruppo unito e collaborativo, in cui un elemento molto importante è pure il rapporto con gli altri.

Proprio per questo è aperto a tutti: studenti, genitori, docenti e personale ATA, indipendentemente che si sentano dotati o no nel cantare. Non c’è infatti alcun bisogno di essere già capaci nel canto, poiché chi non lo è ha qui l’occasione di diventarlo!

Lo scorso anno le lezioni si sono tenute una volta ogni settimana, per poi concludersi con il saggio che si è tenuto il 30 maggio 2017 alla Rocca di Desenzano, insieme all’orchestra del Bagatta diretta dalla docente Elisa Begni.

Il frutto, dunque, dell’esperienza corale è sostanzialmente scoprire assieme ciò che nella musica vi è di più affascinante, di come sia uno dei modi più concreti e allo stesso tempo misteriosi con cui l’uomo da sempre ha amato esprimersi.

Per esempio, con Tau garçó la durundena, un brano in antico catalano, abbiamo capito come una ninna nanna al Bambin Gesù potesse essere, invece che lenta e dolce, briosa e vivace agli occhi (anzi, alle orecchie!) degli antichi, che vi vedevano, più che la serenità, la gloria della sconfitta del male.

Con l’Epitaffio di Sicilo, il più antico componimento musicale greco giuntoci integro su una stele funeraria, abbiamo compreso l’importanza della vita e la sua fugacità; con Durme, altra ninna nanna ma in lingua sefardita, parlata dagli ebrei di Spagna, ci siamo resi conto di quanta tenerezza stia dietro agli occhi di una madre, che ricorda al figlio le sue origini e la sua religione.

Con Tourdion, una canzone medievale francese da taverna, abbiamo conosciuto invece la spensieratezza e l’allegria, e con Belle qui tiens ma vie, altra tradizionale canzone francese, come sia doloroso ed irresistibile l’amore.

Insomma, la conoscenza del messaggio d’umanità che si cela dietro ad una canzone, è ciò che si è cercato e si cercherà di trasmettere, anche i prossimi anni, tramite l’esperienza corale: un’opportunità di conoscenza della musica, della storia, del mondo e degli altri, ma soprattutto di se stessi e delle proprie abilità.